giovedì 12 settembre 2019

Riso in cagnone


Nei giorni scorsi, mio figlio è stato, per lavoro, nel biellese ed è rimasto particolarmente colpito dalla bontà del cosiddetto riso in cagnone (o alla cagnona), assaggiato nella storica “L’Osteria” di Biella, considerata la massima depositaria di questa preparazione, il che mi ha stimolato al punto che non ho potuto resistere alla tentazione di fare qualche ricerca, prepararlo e assaggiarlo alla nostra maniera, con grande soddisfazione.
La decisione di postare, su questo blog, una sintesi di quanto ho imparato su questa preparazione nonché la ricetta, deriva dal fatto che si tratta di un piatto, magari notissimo nel Nord Italia, ma del quale se ne parla poco nei vari ricettacoli copia e incolla che imperversano sulla rete.
Si sa, noi del sud, non siamo noti per essere grandi mangiatori di riso (ci chiamano più spesso “mangiamaccheroni” o addirittura “mangiaspaghetti” nel Nord America), lo accompagniamo alle verdure (verza e riso, riso e fagioli…) oppure lo trattiamo in maniera sontuosa (sartù) o sbarazzina (arancini e palle di riso), ma è al nord ovest della nostra penisola che il riso trova la massima manifestazione delle sue enormi possibilità.
Il nome “cagnun, cagnone” ha origine da storielle piuttosto pittoresche ma decisamente prive di fondamento, secondo le quali il termine deriverebbe dalla forma dei grani di riso, dopo una prolungata cottura, simile a quella delle larve di mosca (cagnotti), generatesi dalle uova dell'imenottero depositate in alcune forme di formaggio e quindi non destinate al commercio; è invece accertato come in tutta l’area del nord-ovest si usasse indicare le persone abbienti della comunità come i Cagnùn indicando con ciò persone potenti, grandi, di cui avere timore, ma anche ricchi e signori.
Quindi, in conclusione, la traduzione è più o meno quella di “risotto alla ricca”, intendendo ciò molto probabilmente con il fatto che lo si consumava solo nei giorni di festa e che il riso era allora considerato bene prezioso e di lusso, disponibile in abbondanza solo per ricchi e signori.
Si tratta di un piatto tipicamente invernale, che affonda le radici nella biella montanara tradizionale, dalle temperature fredde e rigide, dove gli allevatori portano (o portavano) il bestiame a pascolare affrontando il clima rigido. Era dunque necessario un pasto ipercalorico, che veniva ricavato da materie prime povere e tipiche del territorio: riso, formaggio e burro.

E’ la tipica preparazione popolare, come nella quasi totalità dei piatti dell’epoca, detta “di sussistenza”: il riso in cagnone si prepara ancora a base di riso lessato in abbondante acqua salata, poi scolato e saltato in ampia padella bassa e larga, con abbondante burro, aglio e salvia, dopodiché vi si aggiunge abbondante formaggio.
Nelle ricette non vi è un dettaglio preciso ed univoco sul tipo di formaggio, ma come in tutte le preparazioni popolari si può presumere che si usi “quel che c’è”, ovvero in area padana senza dubbio grana, ma non sono esclusi formaggi di altra tipologia più “prealpina” quali tomette ed affini.
Ora, se il formaggio non era un problema, anche se si trattava di prodotti di seconda o terza scelta (le tome dovevano servire per essere portate a valle e vendute, non per essere consumate sul posto), il riso andava per forza acquistato e come tale era considerato prodotto di lusso, quindi in malga il cagnùn era sovente preparato il giorno di festa ovvero la domenica, come unica concessione al lusso dopo una settimana di carne secca, qualche prodotto caseario di seconda o terza scelta, e tanta polenta.

Andiamo quindi a fare la spesa (dosi per 4 persone, come al solito)

Ingredienti

  • 320 g di riso 
  • 100 g di burro 
  • 100 g di toma 
  • 100 g di maccagno 
  • sale e pepe q.b.
Riso: va bene un riso prodotto nella zona del basso biellese, come Carnaroli, Sant’Andrea, Baldo e Arborio

Formaggi: nella scelta del formaggio meglio propendere per formaggi grassi, come una tipica toma biellese e un maccagno, di bassa o media stagionatura, personalmente li ho sostituiti con il Provolone del Monaco di Vico Equense (media stagionatura) e parmigiano. Le scelte sono molte e mi sembra corretto utilizzare, come è giusto in una ricetta popolare, quello che si ha a disposizione nel proprio territorio tenendo presente che più il formaggio è stagionato, più sarà gustoso ma meno propenso a fondere. Il consiglio è di trovare il giusto equilibrio fra gusto e malleabilità.

Burro: se possibile un burro artigianale, di montagna.
In alcune ricette insieme al burro vengono soffritti 1-2 spicchi di aglio e qualche foglia di salvia.

Preparazione del riso in cagnone


Esistono diverse teorie su quale sia la preparazione corretta del riso in cagnone, la ricetta che propongo è la seguente:

  1. Si lessa il riso in una casseruola in abbondante acqua salata; nel frattempo, in un pentolino si farà fondere e letteralmente “abbrustolire” il burro, lasciato cioè soffriggere fino al momento in cui assume il classico colore marrone.
  2. Una volta pronto e scolato il riso, lo si trasferisce, ancora ben caldo, in una ciotola (possibilmente scaldata in precedenza) e si aggiungerà subito il formaggio precedentemente sminuzzato.
  3. Si mescola il tutto vigorosamente finché il formaggio non si sarà completamente fuso e si sarà ottenuto un composto cremoso e omogeneo.
  4. A questo punto si aggiungerà anche il burro fuso annerito ancora ben caldo, si mescola e il riso in cagnone sarà pronto per essere servito.

Il "riso alla cagnona" de "L'Osteria - Biella"
Variante

Una potenziale variante consiste nel realizzare non un riso lessato e poi scolato, ma nello sfruttare la tipica procedura di realizzazione del risotto, aggiungendo man mano (o la giusta dose iniziale) l’acqua salata fino al completato assorbimento da parte del riso, evitando quindi di scolare il riso a fine cottura.
Questo metodo dovrebbe garantire una cremosità maggiore del risultato finale, in quanto comporta una minore diluizione e perdita dell’amido contenuto nel riso, ma è ovviamente meno “comoda” come metodologia, richiedendo di badare al riso più costantemente.
Una volta completata la cottura si aggiunge il formaggio sminuzzato direttamente nella risottiera, mescolando fino allo scioglimento; infine il burro, per completare il tutto.
Come si può immaginare, è una pietanza decisamente grassa e ricca, tanto quanto saporita e gustosa, che fonda la sua qualità nella genuinità delle materie prime.
Da "Biellaristoranti.com"

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