venerdì 5 settembre 2014

Frittata di scàmmaro ovvero penitenza con gusto

Nella cucina popolare partenopea, vi sono piatti dalla grande tradizione che spariscono nelle nebbie della dimenticanza, sopraffatti dal continuo bombardamento delle "novità a tutti i costi" in cucina che la TV ci propina ad ogni piè sospinto con decine di chef, più o meno improvvisati, che ci incantano con mirabolanti quanto ardite combinazioni dal gusto spesso discutibile o con ignobili mappazze.
Invece vorrei parlare di una pietanza che, per la sua semplicità di preparazione, genialità di invenzione e gusto, sicuramente indovinato, merita di essere riscoperta e rivalutata perché degna di grande interessamento.
Parliamo della frittata di "scàmmaro", che potrebbe definirsi, a voler essere grezzi, una frittata di maccheroni, senza uova, conditi con olive nere, capperi e acciughe; un piatto "di magro" (lo scàmmaro) che tuttavia trae origini nobilissime.
Pare che su richiesta della Chiesa, Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, grande cuoco e letterato napoletano, avesse elaborato questo piatto, coniugando sapientemente il piacere del cibo alla necessità della penitenza quaresimale: è un piatto privo di proteine animali, se si escludono le acciughe, non considerate tali dalla chiesa, e quindi adatto ai periodi di magro.
Pare che "cammarare", fosse una dispensa speciale per i frati che, pure nei giorni di quaresima, erano esentati dal mangiare di magro, purché rimanessero in "cammara", cioè nella loro celletta per non disturbare i loro confratelli costretti a mangiare di magro. 
Se, quindi, “cammarare”, significa “mangiar di grasso”, con la “s” davanti, il verbo diventa “mangiar di magro”; i "giorni di scàmmaro" nel Regno delle Due Sicilie identificavano i giorni della quaresima e tutti gli altri giorni dell'anno nei quali, per precetto religioso, era obbligatorio mangiare di magro, una sola lettera, quindi, sortisce l'effetto non indifferente, per i poveri penitenti di "... mettere a posto la coscienza e non soffrire le pene infernali di chi si priva del godimento di un piatto tanto semplice quanto gustoso" (Monica Piscitelli). 

Il Cavalcanti, nel suo trattato "Cucina Teorica-Pratica" descrive così questa "frittata":


"Scaura tre rotole de vermicielle, ma teniente, teniente, li scule e li buote dinto a no tiano co tre mesurielle d'uoglio zoffritto, co miezo quarto d'alice salate, e pepe, quanno l'aje mbrogliate e asciuttate, ne miette na mità dinto a la tiella e nge miette na mbottonatura d'aulive senza l'osso,de chiapparielle, d'alice salate a meza a meza, passe e pignuole, nge miette l'auta mmità de li vermicielle e nge farraje fa la scorza sott'e ncoppa, facennola friere co la nzogna o co l'uoglio." 

Una possibile traduzione potrebbe essere - tener presente che un "rotolo" equivale a 890 gr:

"Lessa 3 chili (circa) di vermicelli, appena al dente li scoli e li rivolti in un tegame con tre misurini di olio, soffritto con 150 gr di alici salate e pepe. Dopo averli girate più volte fino all'assorbimento del condimento, ne metti una metà in una padella e li imbottisci con olive snocciolate, capperi, acciughe aperte a metà, uva passa e pinoli. Aggiungi l'altra metà dei vermicelli e li farai diventare croccanti friggendoli con la sugna o con l'olio."

Dunque si tratta di una preparazione molto semplice, sia negli ingredienti che nella preparazione.
Dal blog "A cucina e mammà" di Roberto Fusco"

Una versione "umana", nel senso delle dosi, della ricetta del Cavalcanti potrebbe essere:
  • 300 gr di vermicelli trafilati al bronzo
  • 100 gr di olive nere di Gaeta
  • 35-40 gr di capperi
  • 50 gr di uva passa ammollata in acqua
  • 50 gr di pinoli dissalati
  • 4-5 alici sotto sale sfilettate
  • uno spicchio di aglio
  • olio, sale, pepe, prezzemolo  qb.


  1. Cuocere la pasta in acqua leggermente salata e scolarla molto al dente.
  2. In una padella "comoda", che conterrà poi anche la pasta, fate imbiondire l'aglio con qualche cucchiaio di olio, aggiungete le alici e cuocete solo per qualche minuto.
  3. A fuoco dolce, aggiungete la pasta rigirandola più volte con un poco di acqua di cottura, in modo da far assorbire il condimento e consentire che l'amido rilasciato faccia, in mancanza dell'uovo, da legante; aggiustate di pepe a vostro gusto.
  4. In un tegame, con un poco di olio, fate  cuocere, a fuoco dolce per qualche minuto,  le olive snocciolate e tagliate a metà, i capperi, l'uvetta ed i pinoli.
  5. A questo punto mettete metà della pasta in una padella di ferro, pressandola leggermente; distribuitevi uniformemente, a mo' di imbottitura, le olive, i capperi, l'uva passa e i pinoli.
  6. Coprite con l'altra metà della pasta e passate alla cottura.
  7. Poiché quest'ultima risulta lunga, almeno 15 minuti per lato, occorre lavorare a fuoco dolce facendo ruotare la padella, in senso orario o antiorario, sul fornello per ottenere una doratura quanto più omogenea possibile, prima da un lato e poi dall'altro ed inclinandola per permettere la doratura anche ai bordi e per evitare una eccessiva cottura del centro.
Da bere un bel bianco strutturato come il "Greco di Tufo", oppure un frizzante "Gragnano" rosso.

Una versione più ricca, che ha stupito non poco i miei amici durante il cenone di capodanno sono :

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