lunedì 18 febbraio 2013

La Sacra Pizza (4): Esodo

Dai primi anni Sessanta, del XX secolo, l’avvento delle pizzerie in tutta Italia diventa un fenomeno di massa; intanto però, assai per tempo, la Pizza è approdata oltre oceano.

Anche in questo caso ci fu lo zampino, diciamo pure l'intervento, del Signore che, desideroso di far conoscere al mondo quella meraviglia della Pizza, che, immodestamente, aveva contribuito a creare, pensò bene di entrare in politica e favorire, così, l'impoverimento delle regioni meridionali dell'Italia.
Una volta ottenuto il risultato, si presentò baldanzoso e compiaciuto: "MIO POPOLO PREDILETTO, QUA VE PUZZATE 'E FAMME, PERCHE' NON VI DIFFONDETE NEL MONDO?".
E l'uomo guardò il Signore e Gli fu grato per il grande privilegio che gli donava e non cessava di elevare inni di gioia per le Sue scelte: "E menu male che simmo 'o Popolo Eletto; e che cazz', tutte a nuje 'nce l'adda mannà!". 
Ma l'uomo aveva imparato, a proprie spese, ad essere molto paziente e fu così che dal 1875 alla prima guerra mondiale, milioni e milioni di italiani lasciarono il Paese, provenienti, soprattutto dalle regioni del Sud e diretti soprattutto verso le Americhe.
Gli emigranti dalla sola Campania furono quasi un milione.

Partono 'e bastimente
pe' terre assaje luntane... 

cántano a buordo:
só' Napulitane! 
Cantano pe' tramente
'o golfo giá scumpare,
e 'a luna, 'a miez'ô mare,
nu poco 'e Napule 
lle fa vedé...



Molti uomini lasciarono a casa la moglie e i figli, perché convinti di ritornare (e tantissimi lo fecero), tuttavia essi non ripudiarono mai la loro Napoli, anzi continuarono a vivere e a mantenere il loro stile di vita tutto partenopeo. 
Chi lasciò la propria casa per gli Stati Uniti portò con sé voglia di riscatto, voglia di vivere in un mondo migliore, la propria cultura e le proprie abitudini, anche alimentari, oltre alle proprie nostalgie e al pensiero della patria lontana. 
E' la Pizza?
La Pizza, per i napoletani rappresenta una religione, pertanto non poteva non seguire il popolo che l'ha creata, diffusa e coltivata, essa è così semplicemente buona che, per sua natura, si presta bene a esprimere affetti e bisogni e così, sul campo, empaticamente, si guadagnò subito anche il favore degli americani. 
Quindi, anche all'ombra della Statua della Libertà essa si affermò come cibo appetitoso, nutriente ed economico per chi lavora.
La prima pizzeria aprì i battenti a New York nel 1895 e nel giro di pochi decenni, insieme alla pasta, divenne uno degli alimenti più popolari negli Stati Uniti (e poi in Canada).
I pizzaioli furono dapprima italiani, poi oriundi, poi americani d’origine italiana, poi, spesso, americani e basta.
La pizza non riscosse uguale fortuna nell'America Latina, e lo stesso accadde nei Paesi d'Europa tra le due guerre, forse perché in quelle nazioni le comunità italiane furono meno numerose e la cultura dell’accoglienza, forse, meno permeabile e "aperta" rispetto a quella americana; la presenza nefasta del fascismo, poi, e le politiche dell’autarchia non facilitano le cose. Ma, alla fine della guerra tutto cambiò.
Oggi la Pizza è un piatto universale ed è conosciuta col proprio nome: "PIZZA" e continua a viaggiare ancora insieme agli italiani che si trasferiscono o semplicemente lavorano all'estero mentre attende chi, a sua volta, viene nel nostro Paese per lavoro o per turismo (a milioni) per conoscerLa.

lunedì 11 febbraio 2013

Vermicelli di scàmmaro con le cozze

Una pietanza di scàmmaro è un piatto che veniva mangiato nelle giornate di Quaresima, cioè di magro, come viene spiegato qui.
Qui trattiamo di una rivisitazione di un'altra ricetta del grande Antonio Tubelli, gourmet, maestro ed ultimo monzù della tradizione napoletana, ed è una ricetta che ha stupito non poco i miei amici nel Cenone di Capodanno.
Per le classiche quattro-sei persone mi sono regolato con: 
  • 2,5 kg di cozze, 
  • 300-400 gr di verrmicelli o linguine, 
  • 50 gr di olive nere di Gaeta, 
  • 100 gr di olive verdi, 
  • 2 acciughe (4 filetti), 
  • prezzemolo, aglio e olio qb.
  1. Fate aprire le cozze, ben lavate ovviamente, recuperando i frutti e la loro acqua di cottura filtrata.
  2. Lessate in abbondante acqua salata i vermicelli (le linguine), levandoli molto al dente.
  3. Nel frattempo, in una padella dove avete fatto imbiondire l'aglio nell'olio, sfriggete leggermente le olive e le acciughe, unitevi poi una parte della acqua delle cozze. 
  4. Saltate i vermicelli nel soffritto così preparato e ponetene metà in una padella con un filo di olio, disponete sulla pasta le cozze distribuite uniformemente e chiudete il tutto con l'altra metà dei vermicelli
  5. Friggete per una quindicina di minuti per parte facendo ruotare periodicamente la padella.
Bevo prosecco o meglio uno spumante brut, molto fruttato come il "Mirabilis" della Azienda Agricola Piscina Mirabilis di Bacoli.

sabato 9 febbraio 2013

Tutti i sapori del mondo

Come ci hanno insegnato sin dalla scuola elementare, cinque sono i sensi che ci rapportano col mondo: la vista, l'udito, il tatto, l'odorato e il gusto. Ovviamente di quest'ultimo ci occupiamo qui per l'attinenza con i contenuti delle pagine di questo blog.
Per vivere abbiamo bisogno di nutrirci ed il gusto ci fa entrare in sintonia con il cibo selezionando per noi quello che più ci piace da quello che troviamo sgradevole o addirittura disgustoso.
Ma il legame con il cibo ha subìto una traslazione: il "gusto", da semplice senso legato alla nutrizione si è sublimato alla definizione di una caratteristica legata alle persone. Gusto è diventato sinonimo di "conoscenza", "discernimento".
Mangiare "di gusto" si accompagna al piacere del cibo, mentre avere "buon gusto" è sinonimo di persona che "distingue" il bello dal brutto, il buono dal cattivo, "sceglie" la qualità di ciò che lo circonda.
Parlare del "gusto" in senso figurato risale al medioevo quando scienziati e filosofi attribuirono ad esso una capacità superiore di conoscere il mondo; nel trattato trecentesco Summa de saporibus [Massimo Montanari: Il riposo della polpetta] si afferma che alla realtà ci si può avvicinare con tutti i sensi ma "solo il gusto, fra i sensi, è propriamente destinato a ricercare in maniera perfetta la natura delle cose"; quindi il sapore diventa la condizione essenziale del sapere e rappresenta, oltre ad una somiglianza occasionale, l'affinità sostanziale tra i due concetti. 
"Gusto" e "buon gusto", cioè sapore e sapere, diventano sinonimi di conoscenza, esperienza, capacità critica.
E allora affrontiamo il cibo con "gusto" e assaporiamolo per ricercare, oltre al nutrimento, il piacere del cibo, pur nell'ambito di un'attività necessaria alla nostra esistenza.
I trattati sulla degustazione ci impongono, come verità assiomatica, quattro sapori, perché quattro sono i recettori della lingua deputati alla selezione degli stessi sapori: il dolce apprezzato dalla punta della lingua, l'amaro localizzato alla base della stessa, il salato e l'acido a destra ed a sinistra.
Ma le verità assiomatiche si modificano con la storia e quindi tali non sono; Aristotele, di gusti ne distingueva addirittura otto: dolce, grasso, amaro, salato, pungente, acido, aspro, e astringente, mentre nel medioevo, al canone aristotelico degli otto sapori, declinato dall' "ipse dixit",  aggiunsero addirittura il non-sapore, cioè l'insipido.
Nel settecento Linneo distingue dieci sapori: umido, secco, acido, amaro, grasso, astringente, dolce, agro, mucoso, salato.
Nel 1864, finalmente, i sapori si ridussero ai quattro che conosciamo, grazie agli studi dell'anatomista Adolf Fick, che distinse le sensazioni del gusto, da quelle del tatto o dell'odorato.
Ma non è finita. Nel 1908 il chimico giapponese Kikunae Ikeda isolò un quinto sapore tipico del gusto orientale: l'umami, ufficialmente codificato come "gusto della carne". L’umami è un gusto primario che percepiamo a partire da glutammato e nucleotidi presenti in alimenti e bevande. 
Il glutammato può essere considerato gusto “generativo”, poiché l’acido glutammico è un elemento essenziale per la divisione e la crescita cellulari. L’acido glutammico viene poi convertito in glutammato quando viene cucinato o quando subisce l’invecchiamento, l’essiccazione e altri metodi di conservazione e preparazione degli alimenti. 
Si consideri il gusto di un semplice fungo: piacevole si, ma insoddisfacente. Quando si cuoce, anche solo con un passaggio in forno a microonde per 30 secondi, si verifica qualcosa che rende il fungo molto più ricco e delizioso. Questo è il gusto umami creato convertendo l’acido glutammico in glutammato.
Dal blog AmocucinaE
In una patata c’è glutammato, con la cottura aumentano i nucleotidi ed è questo a renderla squisita. Ma noi vogliamo sempre  più umami: pancetta, burro, formaggio, panna acida, prosciutto crudo, crauti, bacon. Tutte queste sono fonti molto ricche di gusto umami, contenendo sia glutammato che nucleotidi. 
Il pensiero attuale è che la ricerca di quel gusto ci porti a combinare gli alimenti (riso e fagioli, acciughe e parmigiano).
Ma, come se non bastasse, la moderna scienza dell'alimentazione tende a recuperare, per il concetto di sapore, un complesso insieme di sensazioni che in qualche modo si rifanno alle concezioni di stampo medioevale e così si parla di freddo (il sapore del mentolo), caldo (il piccante delle spezie), il tingling (l'effetto delle bollicine), fumo (il sapore degli affumicati) e persino il grasso e l'astringente sono sulla dirittura del (ri)arrivo, ribaltando ancora una volta il tavolo delle "verità assiomatiche".

Nota: In realtà, studi recenti hanno dimostrato che sperimentiamo tutti i gusti su tutto il palato. E ci sono recettori specifici per il gusto umami, naturalmente. La cosa da ricordare è che i nostri gusti e la nostra anatomia sensoriale possono variare molto da una persona all’altra.