domenica 27 luglio 2014

La sacra pizza (7): Paralipomeni

Ai signori di quel Nord celtico e cisalpino, bastò una foglia di basilico per sottrarre ai meridionali (oltre tutto il resto) anche il loro alimento più caratteristico: la Pizza.
Dopo lo "scippo" del Meridione, nel 1860, da parte di quel Re Galantuomo unificatore con la forza dell'Italia, ci si mise anche la nuora quando, di fatto, impose il proprio nome a quella che ancora oggi si chiama, nostro malgrado, "Pizza Margherita". Ma la "verità" storica è un'altra: la Pizza Margherita esisteva già prima e aveva uno sponsor regale: Ferdinando I di Borbone.
Si è già detto del buon Ferdinando I, il rozzo e popolare Re Nasone, che, nel 1778, dal "profeta" Antonio Testa detto "'Ntuono", ebbe il piacere di assaggiare la pizza pomodoro e mozzarella con grandissimo entusiasmo al punto di farle assurgere il rango di cibo dei nobili.
Ma il trionfo della Pizza continuò ad aumentare oltre ogni limite; Ferdinando II, nipote del vecchio Re Nasone, stabilì (si era nel 1832) che nel parco della Reggia di Capodimonte fosse costruito un grande forno a legna a disposizione di tutti; di conseguenza, una volta messo in funzione il forno, il parco reale fu invaso in ogni stagione da infaticabili mangiatori di Pizza.
In piedi o seduti, sui verdi prati circostanti la Reggia, i napoletani gustavano quel prelibato alimento, dopo aver piegato la pizza "a libretto", come un foglio di carta.
A questo punto, giunge la famosa foglia di basilico di cui abbiamo già detto, per compiacere la tetra Regina Margherita occasionalmente di passaggio a Napoli.
Da quel momento, così come sui libri e i "mass media" veniva distorta e banalizzata la storia di un Regno che aveva retto per quasi un millennio le sorti delle Due Sicilie, parimenti sui "menù" delle pizzerie la più famosa delle Pizze Napoletane prendeva il nome della nuora di Vittorio Emanuele II: un abuso bello e buono. Anzi, visto che si parla di personaggi reali, una... usurpazione.
L'ultima strabiliante novità in fatto di Pizza ci viene direttamente (come spesso accade) dagli Stati Uniti, perché, pizzaioli di tutto il mondo, forse non lo sapevate, ma da secoli sfornate un prodotto formidabile che funziona meglio del viagra: la Pizza!
Non è uno scherzo, ma il risultato di un'attenta ricerca. 
Le insospettabili doti afrodisiache della pizza sono state effettivamente dimostrate da attenti studi condotti, negli Stati Uniti, da un gruppo di medici dell'Illinois guidato dal dottor Alan Hirsh del "Taste Treatment and Research Foundation". I risultati dello studio sono stati in seguito presentati a New Orleans durante il congresso dell'American Psychosomatic SocietyL'indagine verteva sugli effetti che esercitano alcuni aromi sulla quantità di flusso sanguigno prodotto dal nostro organismo. 
Gli esperimenti hanno dimostrato che alcuni odori, e precisamente quelli della mozzarella, del pomodoro e dell'origano posti su una pizza calda e fumante, funzionano da stimolatori provocando un aumento del flusso di sangue agli organi sessuali maschili anche del 40 per cento! Quindi lasciate perdere ginseng, aragoste, ostriche o singolari rimedi orientali, e strafogatevi di Pizza!
Morale della storia, niente più pillole sintetiche o cene costose! 
Se volete conquistare la donna che vi piace e desiderate strabiliarla per le vostre eccezionali doti fisiche, non portatela a cena in un raffinato ed elegante ristorante, ma invitatela a mangiare una bella, calda e fumante pizza dal vostro pizzaiolo di fiducia. Se poi i risultati non saranno quelli sperati, potrete sempre consolarvi pensando il fatto che, perlomeno, il tentativo non vi sarà costato un patrimonio!

sabato 26 luglio 2014

Alici alla provenzale con pomodoro

Cercavo una ricetta per le alici, che non fosse la solita, e casualmente mi sono imbattuto nel blog ricette vagabonde che ho trovato serio, competente e molto ben fatto, non uno sterile "ricettario" copia e incolla.
Le alici sono un pesce molto utilizzato in tutto il Mediterraneo; intanto fa parte del cosiddetto "pesce azzurro", ricco di Omega3, un anticolesterolo per eccellenza, è sempre fresco, costa poco e poi è "buonissimo".
La preparazione presenta un contrasto, decisamente ghiotto, tra la dolcezza della bietola ed il robusto sapore delle alici, aromatizzate da erbette aromatiche.
Un piatto facile ma dal grande sapore "tradizionale".

Procuriamoci quindi per le classiche 4 persone:
  • 24 alici (6 a testa pulite e diliscate)
  • 150 gr di bietole
  • 100 gr di passata di pomodoro (di casa o italiana)
  • 60-70 gr di pangrattato
  • 60-70 gr di parmigiano
  • 1 cipollina (25 gr) o l'equivalente di una cipolla più grande
  • 15 gr pinoli tostati (facoltativi, ma se ci sono è meglio)
  • 1 spicchio di aglio, privato del germe verde
  • Olio extravergine q.b.
  • Basilico q.b.
  • Maggiorana q.b.
  • Timo q.b.
  • Pepe nero q.b.
  • Sale q.b.
  • Succo di limone q.b.
Troppi q.b.? leggete il post relativo.

Preparazione:
  • Taglio le bietole a listarelle sottili e le faccio andare in una padella con con un filo d'olio e uno spicchio d'aglio.
  • Lascio appassire per qualche minuto, poi tolgo l'aglio e le tengo da parte.
  • Aggiungo alle bietole la cipolla tagliata a cubetti piccoli, il formaggio grattugiato, timo, olio, e i pinoli tritati; regolo di sale e pepe.
  • Metto un foglio di carta da forno, bagnato e strizzato bene, sulla placca da forno, spennello un filo di olio in modo da distribuirlo uniformemente.
  • Allungo le alici sulla placca del forno e metto un cucchiaino di composto di bietole sulla metà più larga, poi piego le alici in modo da coprire l'impasto con l'altra.



  • Spennello le alici così ripiegate con un filo d'olio e distribuisco il pangrattato, le erbe triturate, sale e pepe.
  • Inforno al grill a 200° e  per cinque-sette minuti.
  • Nel frattempo scaldo in una padella la passata di pomodoro, per farle perdere acqua, aggiungo del basilico tritatissimo e un pizzico di sale. Frullo nel mixer la salsa con l'aggiunta di un filo d'olio, il succo del limone e pepe
  • Impiatto sistemando le alici a stella, con al centro un paio di cucchiai di salsa di pomodoro e una foglia di basilico.



Come si può vedere il piatto è bellissimo da vedere, buonissimo di sapore, sano e tradizionalmente robusto e gustoso.
Da abbinarci un vino rosso non troppo strutturato, un Gragnano o un Piedirosso.

N.B. La preparazione e le foto sono prelevate dal blog "ricette vagabonde"


q.b.

"q.b.: Quanto basta, indicazione di quantità di una ricetta", è la scarna e infelice definizione che possiamo leggere su Wikipedìa, la Bibbia enciclopedica del web o su altri dizionari. Ma la definizione "indicazione di quantità" è del tutto erronea perché sottintende la presenza di una "unità di misura" che nel termine "q.b." non c'è, né quantomeno potrebbe esserci poiché l'unità di misura deve avere, per definizione, la costanza nello spazio e nel tempo.
Il metro, tanto per fare un esempio, è una misura lineare che è uguale in ogni paese del mondo e fa riferimento ad un campione "nazionale", a sua volta copia del campione universale; ciò significa che il "metro" è se stesso dappertutto.
Non solo ma, definito nel 1795 come unità di lunghezza standard in Francia, è diventato misura lineare del Sistema Internazionale e tale è rimasto da allora; quindi il metro, anche se oggi è definito diversamente, risulta se stesso anche nel tempo.
E allora "q.b." non può essere definita indicazione di quantità, perché manca del requisito "quantità".


Eppure, a ben vedere, in tutte le ricette il q.b., anche se posto verso la fine degli ingredienti, è di fondamentale importanza; se i componenti principali, quelli definiti in quantità, rappresentano l'ossatura portante della ricetta, quelli definiti dal q.b. ne rappresentano la finitura.
Se gli ingredienti principali sono le note di uno strumento, i q.b. ne rappresentano il timbro, quello che distingue un pianoforte da un violino, o da una tromba, che suona la stessa nota.
Posto così il problema, q.b. è molto più importante di quanto non si pensi; è un ponte di corde teso sopra un baratro, è il discrimine tra due fallimenti (culinari, ovviamente): un q.b. piccolo e il piatto risulta anonimo e insignificante, un eccesso di q.b. e il piatto risulta sbilanciato verso un aroma e spesso pesante.
Pensate ad un piatto con troppo peperoncino o troppo  olio, immangiabile, ma il disastro non arriva dagli ingredienti principali, ma dalla piccolo, apparentemente insignificante q.b.
E allora, piuttosto che andare pedissequamente dietro i grammi di una ricetta troppo "misurata", come spesso accade sui migliaia di blog "copia e incolla" che imperversano sul web, ci si concentri sulla vera chiave del successo di una preparazione, si assaggi, si aggiusti, si crei l'equilibrio, dei gusti e dei sapori, dato proprio da "q.b", una sorta di magico abracadabra del ben cucinare.
E se proprio volete cimentarvi con mister "q.b". dando prova, quanto mai assoluta, delle vostre capacità culinarie eccovi:

Alici alla provenzale con pomodoro

venerdì 4 luglio 2014

L'attesa (parte prima)

A cavallo degli anni 50 e 60 del secolo scorso, l'artista Lucio Fontana sconvolse il mondo dell'arte, presentando una serie di opere che mostravano tele uniformemente colorate, squarciate da uno o più rasoiate, generalmente verticali.
Il senso dell'opera voleva mettere in comunicazione l'esterno della tela, luogo da sempre deputato alla rappresentazione, con l'interno della stessa, luogo buio e misterioso, creando una simbiosi tra la pittura e la scultura e superando, attraverso lo "spazialismo", il concetto di quadro così come era visto in precedenza. Dal punto di vista metafisico il gesto rappresenta una sorta di "sospensione" spazio-temporale, da cui il nome di "Attesa" per un solo taglio, oppure "Attese" per più tagli, datogli dallo stesso autore.

Il concetto di attesa, quindi, essendo una "sospensione", diventa per alcuni un momento creativo, di elaborazione o di pensiero, per altri, di contro, rappresenta una mera perdita di tempo, un periodo morto dal quale rifuggire.
Purtroppo tutto nella vita contemporanea spinge verso questa seconda interpretazione del concetto: l'attesa è una perdita di tempo e, a tutti i livelli, il nemico da abbattere.

"Se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza" (Don Tonino Bello).
In pratica si vive in un continuo presente e tutto deve accadere subito, adesso. Siamo sempre connessi perché tutto quello che ci accade deve essere condiviso immediatamente dai nostri contatti, amici o meno che siano.
Corriamo sulle scale mobili (sic!) delle metropolitane per non rischiare l'attesa di qualche minuto, ed in alcune città, come Parigi o Londra, il diritto di correre sulle scale mobili è codificato da norme di comportamento: se non vuoi correre, tieni la destra, perché altrimenti rischi di essere travolto dal corridore di turno (la vittoria dell'imbecillità); la televisione, poi, nella pubblicità ci va a nozze, soprattutto nel settore alimentare dove, tra sughi pronti, cibi precotti, pre-preparati e predigeriti, l'attesa scompare per sempre, invitati come siamo esplicitamente a non perdere il nostro prezioso tempo con il cibo e a dedicarci a non si capisce cosa.
Ovviamente l'industria alimentare spinge in questa direzione e lo fa con la nostra complicità, inconsapevole di essere indotta proprio da essa.

"Chi ben attende ben comprende" cita un proverbio che ripone, nell'attesa, la sapienza del ben fare e del ben operare, per ottenere il meglio da quello che facciamo ed è quello che centinaia di produttori nazionali cercano di difendere strenuamente dagli assalti della stolida e frettolosa industria del non cibo.
La caratteristica della bontà di ciò che viene prodotto in Italia e che culturalmente si è imposta in tutto il mondo è la qualità e la diversità, e queste peculiarità si ottengono solo con una paziente attesa: bisogna attendere che la pasta essicchi naturalmente se vogliamo una pietanza di gran sapore, che leghi con i sughi e profumi di suo, bisogna attendere il naturale ciclo biologico delle stagioni per avere frutta e verdura di buon sapore e qualità, bisogna attendere che crescano naturalmente all'aperto gli animali da cui ricaviamo la migliore carne e i migliori formaggi.
Invece, frutta e verdura sono presenti tutto l'anno, provenienti da tutto il mondo senza controlli e soprattutto pompati di porcherie per velocizzarne la maturazione (ovviamente il sapore è nullo come nulla è la qualità), il pesce è allevato in vasche chiuse a cui danno da mangiare carcasse di animali cresciuti ad antibiotici ed OGM e solo per produrre tanto e in fretta (ma il sapore del mare è scomparso così come è scomparsa la digeribilità).
Non si capisce che "L'attesa è una freccia che vola e che resta conficcata nel bersaglio. La realizzazione dell'attesa è una freccia che oltrepassa il bersaglio."Søren Kierkegaard