martedì 13 gennaio 2015

Il Riso (parte I - dalla scoperta alla coltivazione)

   Dire "pasta" è come dire "Italia", dire "riso" è come dire "mondo", essendo oggi il consumo di questo cereale così diffuso in tutto il mondo da assumere grande importanza per l'economia e la cultura di vastissime aree del pianeta. 
Riso (Oryza Sativa) - da Wikipedìa
   Pare sia originario del Sudest Asiatico (Indonesia) dove era già noto nel 7.000 a.C., da qui si è spostato nell'Asia e successivamente nel Mediterraneo; il riso proveniente dalla Cina e dall'India, era già oggetto di scambio nel V secolo a.C. in Persia e in Mesopotamia, e se nel 300 a.C. Teofrasto, discepolo di Aristotele, lo cita come pianta esotica, nel I secolo d.C. il medico Discoride prescrive l'acqua di riso come medicamento per i disturbi intestinali, mentre Orazio e Columella ne lodano le benefiche virtù.
   Pressoché ignorato dagli scrittori greci e latini, il riso fu acclimatato in Occidente dagli arabi che ne introdussero la coltivazione in Sicilia e in Spagna.
   Al di fuori di queste zone, il riso era confinato nelle spezierie: nel Centro Nord era venduto nelle botteghe degli speziali insieme alle droghe ed ai prodotti esotici di importazione. 
   Nel Medioevo esso era usato prevalentemente sotto forma di farina: in medicina, Antimo, nel VI secolo lo consiglia ai dissenterici, in cucina veniva utilizzato per ispessire le minestre.
   Ma già nel Quattrocento la sua coltivazione e il suo uso alimentare cominciano ad allargarsi, cominciano ad apparire preparazioni che rappresentano il trait d'union tra l'uso medievale del riso sotto forma di farina e l'uso moderno come piatto a sé.
   Siamo arrivati al XV secolo e precisamente nel 1468, allorquando le prime risaie vennero impiantate a Colto de' Colti ad opera di Ludovico il Moro e del fratello Gian Galeazzo Sforza, che pensarono di sfruttare le frequenti inondazioni del Po per questa coltivazione. Nel 1475  fu proprio Gian Galeazzo Sforza a donare al duca di Ferrara un sacco di riso che venne da lui definito in una lettera "alimento estremamente interessante e meritevole di essere coltivato".
   Nel XVI secolo il riso entra, insieme al mais, nella schiera dei "nuovi alimenti" con cui si tenta di placare la fame contadina. Il cronista bolognese Pompeo Vizani racconta le drammatiche conseguenze della carestia del 1590, quando innumerevoli schiere di contadini affluirono in città per chiedere cibo, essi furono subito ricacciati fuori dalle mura per non compromettere il delicato equilibrio annonario del centro urbano ma, per tenerli buoni fino al nuovo raccolto, fu ordinato "che ogni giorno, in diversi luoghi del contado, a ciò deputati, fossero dispensate quattro oncie di riso per ciascuno di loro".
In Risaia - Angelo Morbelli (1901)
   Il riso così viene visto come cibo per i poveri ed escluso dai ricettari del Cinquecento; nel XVII secolo la coltura del riso viene limitata e, in qualche zona addirittura bandita, a causa delle polemiche sull'igiene ambientale (nel Nord era infatti diffuso il sistema di allagare le risaie per accelerare la crescita delle piante, coltivazioni che erano viste come malsane e pestilenziali).
   Il riso torna ancora in auge nel Settecento come risposta a difficoltà alimentari particolarmente gravi; così come nei paesi orientali, il riso conferma la sua immagine di cibo povero e viene reintrodotto o introdotto per la prima volta in alcune zone del Nord Italia.
   Con la coltivazione intensiva del riso, nasce, attorno al mondo della risaia, il folclore e la figura della mondina, ma ne parleremo poi.

Notizie storiche da "Massimo Montanari e Antonio Capatti - La cucina italiana - Editori Laterza"
         


Vedi parte II - dalle mondine alla tavola               

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