venerdì 4 luglio 2014

L'attesa (parte prima)

A cavallo degli anni 50 e 60 del secolo scorso, l'artista Lucio Fontana sconvolse il mondo dell'arte, presentando una serie di opere che mostravano tele uniformemente colorate, squarciate da uno o più rasoiate, generalmente verticali.
Il senso dell'opera voleva mettere in comunicazione l'esterno della tela, luogo da sempre deputato alla rappresentazione, con l'interno della stessa, luogo buio e misterioso, creando una simbiosi tra la pittura e la scultura e superando, attraverso lo "spazialismo", il concetto di quadro così come era visto in precedenza. Dal punto di vista metafisico il gesto rappresenta una sorta di "sospensione" spazio-temporale, da cui il nome di "Attesa" per un solo taglio, oppure "Attese" per più tagli, datogli dallo stesso autore.

Il concetto di attesa, quindi, essendo una "sospensione", diventa per alcuni un momento creativo, di elaborazione o di pensiero, per altri, di contro, rappresenta una mera perdita di tempo, un periodo morto dal quale rifuggire.
Purtroppo tutto nella vita contemporanea spinge verso questa seconda interpretazione del concetto: l'attesa è una perdita di tempo e, a tutti i livelli, il nemico da abbattere.

"Se oggi non sappiamo attendere più, è perché siamo a corto di speranza" (Don Tonino Bello).
In pratica si vive in un continuo presente e tutto deve accadere subito, adesso. Siamo sempre connessi perché tutto quello che ci accade deve essere condiviso immediatamente dai nostri contatti, amici o meno che siano.
Corriamo sulle scale mobili (sic!) delle metropolitane per non rischiare l'attesa di qualche minuto, ed in alcune città, come Parigi o Londra, il diritto di correre sulle scale mobili è codificato da norme di comportamento: se non vuoi correre, tieni la destra, perché altrimenti rischi di essere travolto dal corridore di turno (la vittoria dell'imbecillità); la televisione, poi, nella pubblicità ci va a nozze, soprattutto nel settore alimentare dove, tra sughi pronti, cibi precotti, pre-preparati e predigeriti, l'attesa scompare per sempre, invitati come siamo esplicitamente a non perdere il nostro prezioso tempo con il cibo e a dedicarci a non si capisce cosa.
Ovviamente l'industria alimentare spinge in questa direzione e lo fa con la nostra complicità, inconsapevole di essere indotta proprio da essa.

"Chi ben attende ben comprende" cita un proverbio che ripone, nell'attesa, la sapienza del ben fare e del ben operare, per ottenere il meglio da quello che facciamo ed è quello che centinaia di produttori nazionali cercano di difendere strenuamente dagli assalti della stolida e frettolosa industria del non cibo.
La caratteristica della bontà di ciò che viene prodotto in Italia e che culturalmente si è imposta in tutto il mondo è la qualità e la diversità, e queste peculiarità si ottengono solo con una paziente attesa: bisogna attendere che la pasta essicchi naturalmente se vogliamo una pietanza di gran sapore, che leghi con i sughi e profumi di suo, bisogna attendere il naturale ciclo biologico delle stagioni per avere frutta e verdura di buon sapore e qualità, bisogna attendere che crescano naturalmente all'aperto gli animali da cui ricaviamo la migliore carne e i migliori formaggi.
Invece, frutta e verdura sono presenti tutto l'anno, provenienti da tutto il mondo senza controlli e soprattutto pompati di porcherie per velocizzarne la maturazione (ovviamente il sapore è nullo come nulla è la qualità), il pesce è allevato in vasche chiuse a cui danno da mangiare carcasse di animali cresciuti ad antibiotici ed OGM e solo per produrre tanto e in fretta (ma il sapore del mare è scomparso così come è scomparsa la digeribilità).
Non si capisce che "L'attesa è una freccia che vola e che resta conficcata nel bersaglio. La realizzazione dell'attesa è una freccia che oltrepassa il bersaglio."Søren Kierkegaard

1 commento:

  1. Siamo talmente abituati ad avere tutto e subito che, ormai, abbiamo perso la capacità di riconoscere il gusto e il piacere delle cose... che poi nella maggior parte dei casi l'attesa è la parte migliore ;)

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