martedì 12 marzo 2013

"Der Mensch ist was er isst” ovvero "L'uomo è ciò che mangia"

"Il mistero del sacrificio o l'uomo è ciò che mangia" significativo è il titolo di uno scritto del 1862 del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach (1804-1872): cioè esiste un'unità inscindibile fra psiche e corpo, per pensare meglio dobbiamo alimentarci meglio, se il nostro corpo sta bene ed è bene alimentato, riesce a pensare meglio e a liberarsi.
Qualche milione di anni fa gli uomini, quando avvertivano il bisogno di saziare il loro stomaco andavano a caccia: il rituale incominciava disegnando sulle pareti delle caverne, che avevano abilmente sottratto agli orsi, quello che avrebbero cacciato, preparavano le armi e le strategie a seconda dell'animale che dovevano prendere. 


E tutto si svolgeva in assenza di un linguaggio codificato: non c'erano idiomi universali, non esisteva una scrittura o dei segni decifrabili dagli altri. Ma questi impedimenti non compromettevano l’esito della caccia, si comunicava attraverso i gesti, si individuava la preda dal disegno, si mimava la battuta di caccia, si stabilivano ruoli, tempi e movimenti.
I cacciatori sapevano cosa avrebbero portato alle loro grotte quando sarebbero tornati dalla battuta.
Potevano trascorrere giorni prima di  riuscire ad individuare la preda, ma questa sarebbe stata scelta in una mandria di animali che sarebbe passata in quei luoghi in quel determinato periodo, un appuntamento sicuro con quell'animale, in quella stagione e in quel posto. 
Potevano esserci feriti durante la battuta di caccia. Potevano esserci delle vittime durante l’estrema lotta dell’animale per la sopravvivenza. Ma i cacciatori sapevano che avrebbero mangiato quell'animale, quello che avevano disegnato nella grotta e scelto nella mandria.
Oggi andiamo a fare la spesa in un supermercato; uno dei tanti, tutti uguali, con l’aria condizionata, il parcheggio gratuito, lo sgradevole odore identico a quello di tanti altri supermercati - un misto di detersivo e di indefinito - la cassiera svogliata e la raccolta punti. 
Abbiamo una vaga idea di cosa comprare, spesso la spesa è uno sfogo, una cosa da fare per riempire il tempo in un pomeriggio afoso, probabilmente il frigo è talmente pieno che le nuove compere non ci entrerebbero neppure. 
Come anime vaganti ci muoviamo, a ritmo di musiche anonime, tra i gironi del Supermegafantamercatone, guardiamo, tocchiamo, leggiamo alla ricerca di qualcosa; colori, pubblicità, certezze sull'etichetta, dubbi nella scatola.  
Finalmente un lampo! La cena! Ecco cosa ci serve: la cena! Con un frigo strapieno di roba dobbiamo comprare ancora qualcosa per la cena. 
Nel frigo, a casa, ci sono solo schifezze! Questa è la convinzione che ci prende nella testa mentre giriamo nel reparto dei cibi Semilavorcotti, quelli di gomma con l’etichetta ecologica, certificata, no OGM, no pesticidi, no ratticidi, coltura biologica, 30% di grassi in meno, pronto in 5 MINUTI e, per finire, RICCO DI FIBRE… quasi a presagire l’unica cosa buona che si possa fare con un cibo del genere!   
Alla fine compriamo; l’etichetta cita: “Rotorollè di tacchino senza grasso, ripieno di Fantasia di formaggi tipici della Val di Sola, aromatizzato al Tartufo albanese con Carezza di Prosciutto di Impostura Superiore”. Scontato, in offerta 3x2, con saponetta al mirto in omaggio, nella borsa “Tuttomare 2012” e tutto a due euro e novantanove.
Mi sento male!
Ripenso agli uomini primitivi che, senza aria condizionata, senza  etichette, senza cassiera, avevano ben chiaro quello che avrebbero mangiato, hanno mangiato bene e si sono evoluti, ma noi?....

2 commenti:

  1. Ludwig Feuerbach (1804–1878) sosteneva che: “l’uomo è ciò che mangia”. Jean–Anthelme Brillat–Savarin (1755-1826) prima del filosofo tedesco era convinto che la dieta alimentare seguita dall’uomo precisasse la sua appartenenza sociale. Il magistrato francese, autore di saggi di diritto nella sua opera più nota del 1825 “Fisiologia del gusto” aveva già affermato: “dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”.

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    1. Confermo e ringrazio. Purtroppo, per quanto riguarda quello che le multinazionali ci propinano, siamo ben poca cosa, soprattutto succubi e superficiali ed è dura difendersi.

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