sabato 12 gennaio 2013

La sacra pizza (3): Profeti


Fino alla fine del '700, la Pizza era molto semplice, condita solo con lardo o strutto, formaggio e basilico (la cosiddetta pizza Mastu Nicola) e venduta in banchi all'aperto, una sorta di altare, da improvvisati predicatori ("pizzaioli") oppure in giro dai loro discepoli (garzoni) in apposite "stufe".
Intanto, pur di diffondere il nuovo Verbo si sperimentò anche la cosiddetta "Pizza a otto" che non era una Pizza di foggia particolare, ma significava "mangia oggi, pagherai fra una settimana".
Il primo grande "profeta", che poté fregiarsi, a buon diritto, del titolo di "pizzaiolo" fu un certo Pietro Colicchio. Si era nell'anno del Signore 1780 quando si inaugurava il primo luogo di culto (la "pizzeria") dove si ufficiava solo la preparazione della "Pizza"; si chiamava "Da Pietro e Basta così" ai piedi della Salita S.Anna di Palazzo, all'incrocio con via Chiaja a pochi centinaia di metri da Piazza del Plebiscito; i locali ancora oggi ospitano l'Antica Pizzeria Brandi.
Pietro fu il "primo" dei grandi profeti della pizza ed altri seguirono, ma il secondo "grande" profeta fu Antonio Testa, 'Ntuono alla Salita di Santa Teresa degli Scalzi. Antonio Testa ebbe il merito, qualche malalingua dice che fu per caso, di far assurgere la Pizza dal livello di cibo popolare a quello di cibo regale. 
Infatti Ferdinando I di Borbone (1751-1825) - detto il Re Lazzarone oppure il Re Nasone - violando le regole dell'etichetta, volle entrare nella pizzeria di Antonio Testa e per la prima volta assaggiò la Pizza (per la cronaca pomodoro e mozzarella), che tanto piaceva al suo popolo, e tanto ne decantò la bontà a corte che Nobiluomini e Nobildonne incominciarono a frequentare questo luogo di culto con tale entusiasmo da lanciare una vera e propria moda, che non colpì particolarmente la colta e raffinata moglie del re Maria Carolina d'Asburgo. 
Si dice che il Re sia stato visto girare per le pizzerie napoletane, esperto ed accanito cultore, fino al giorno della sua morte avvenuta nel 1825.
Profeti minori, ma altrettanto importanti furono: Pappone, Gigino detto “acino ‘e pepe” e Vicienzo ‘o pazzariello, entrati ormai nella leggenda.
Così arriviamo alla fine del XIX secolo: siamo, esattamente, nel giugno del 1889. Quella estate il re Umberto I, con la algida moglie Margherita, la trascorsero a Napoli, nella reggia di Capodimonte, per fare, come voleva una certa regola della monarchia, atto di presenza presso i nuovi sudditi nell'antico regno delle due Sicilie.
La regina era incuriosita dalla pizza, che non aveva mai mangiato, e chiese di assaggiarla; l'incarico di preparare le pizze "napoletane" per tutta la corte, fu conferito al "pizzaiolo" Raffaele Esposito della pizzeria "Da Pietro e Basta così".
Fu un trionfo: furono preparate tre tipi di pizze, due classiche: "marinara" con pomodoro, aglio e origano e la "Mastu Nicola" con lardo, formaggio e basilico, mentre alla terza, la classica con mozzarella e pomodoro, fu aggiunto, dalla moglie di Esposito, Maria Giovanna Brandi, il basilico; la pizza ebbe così i colori della bandiera italiana e fu quella che entusiasmò in particolare la regina Margherita, e non solo per motivi patriottici.
L'”Antica Pizzeria Brandi” conserva ancora oggi un documento a firma “devotissimo Galli Camillo, capo dei servizi di tavola della real casa”, nel quale si ringrazia S.G. Raffaele Esposito, dell’allora pizzeria “Pietro e Basta così”, per le qualità di Pizza, che, come sottolinea il testo, vennero trovate buonissime.
La Pizza pomodoro, basilico e mozzarella fu allora battezzata “Pizza Margherita”, il nome con cui ancor oggi questa Pizza è universalmente conosciuta, dal pizzaiolo Don Raffaele Esposito detto "Naso 'e cane", l'ultimo dei grandi "profeti" della Pizza, nonché furbo uomo da pubbliche relazioni.

Nessun commento:

Posta un commento